1954: la vicenda del "Ta-pum" (il processo De Gasperi)

LA VICENDA DEL
"TA-PUM del CECCHINO"
narrata basandosi solo su documenti, consultabili nel Centro Studi del Club dei Ventitré

 
Antefatto: il "caso" Guareschi – Einaudi 1950

Il 18 giugno 1950 GG pubblica su Candido n. 25 una vignetta di Carletto Manzoni dove figurano due file di bottiglie bene allineate recanti, in collage, l’etichetta "Nebiolo – Poderi del Senatore Luigi Einaudi". Le etichette "fanno da corazzieri" al Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, disegnato sul fondo. Un’interrogazione alla Camera dei deputati degli onorevoli Treves (PSI) e Bettiol (DC) convince il sottosegretario alla Giustizia, onorevole Tosato, a concedere l’autorizzazione a procedere. GG Guareschi, direttore responsabile di Candido, e Carletto Manzoni, autore del disegno vengono assolti in prima istanza ma, su ricorso del Procuratore generale della Repubblica, vengono condannati in Appello a 8 mesi per vilipendio a mezzo stampa al Presidente della Repubblica. Non scontano la pena grazie all’applicazione della libertà condizionale.

Cronistoria della "vicenda"del "Ta-pum"

Il 20 e 27 gennaio 1954 GG pubblica su Candido due lettere attribuite a De Gasperi con un duro commento. 

Nei primi giorni di febbraio: De Gasperi querela GG. 

Viene istruito il processo e, dopo due rinvii, il 13 e 14 aprile hanno luogo la seconda e terza udienza del processo e GG, il 15 aprile, viene condannato a dodici mesi per diffamazione. 

Non ricorre in appello e il 26 maggio entra nelle Carceri di San Francesco a Parma e uscirà il 
4 luglio 1955 (409 giorni) in libertà vigilata. 

Il 26 gennaio 1956 termina la libertà vigilata.

Commento

GG, querelato da De Gasperi con ampia facoltà di prova, consegnò al Tribunale le lettere accompagnate da una perizia calligrafica che non venne tenuta in considerazione dal Tribunale. Nel procedimento l’ampia facoltà di prova, in pratica, gli fu negata perché non gli furono concessi né le nuove perizie richieste né l’ascolto di testimoni a suo favore. Sulla base delle testimonianze a favore di De Gasperi, del suo alibi morale e del suo giuramento che le lettere erano false, il Tribunale decise di aver raggiunto la "prova storica" del falso condannando GG a un anno di carcere per diffamazione. La sentenza metteva in evidenza il fatto che, anche nel caso di una perizia grafica favorevole all’imputato, "una semplice affermazione del perito non avrebbe potuto far diventare credibile e certo ciò che obiettivamente è risultato impossibile e inverosimile". Per questa ragione GG non ricorse in appello e, avendo perso la condizionale nella precedente condanna a otto mesi per vilipendio del Presidente della Repubblica Lugi Einaudi- nonostante fosse stata nel frattempo decretata un’amnistia che riguardava reati ben più gravi - andò in prigione. Non chiese grazie o agevolazioni, non usufruì di condoni e, durante la sua incarcerazione, gli venne assommata la pena della precedente condanna. Scontò in carcere 409 giorni uscendone in forza di legge e grazie alla qualifica di "buono" ottenuta in carcere. Scontò i rimanenti sei mesi in libertà vigilata. 

Coda

Nel 1956, nel corso del processo intentato in contumacia contro Enrico De Toma, il fornitore delle due famose lettere a GG, il Tribunale di Milano affidò a un collegio di tre periti l’esame delle due lettere negato due anni prima a GG. La conclusione dei periti fu che "non esistevano prove tali da stabilire inequivocabilmente la falsità delle lettere". Il Tribunale incaricò un successivo superperito che dichiarò le lettere "sicuramente false". La difesa di De Toma impugnò la superperizia e ne chiede una di parte. Sconcertante il responso dei periti della difesa che dichiararono di rilevare "palesi diversità fra dette lettere e quelle pubblicate su Candido". Il Tribunale non tenne conto di nessuna di queste perizie. Il 17 dicembre 1958 dichiarò estinto per amnistia il reato di falso e assolse De Toma dall’accusa di truffa per insufficienza di prove, con l’ordine di distruggere i documenti.